La guerra del cappero:nelle Eolie nasce la nuova DOP, Salina risponde con un secco no
5 Luglio 2017 Cronaca EolieIl Cappero di Salina è già presidio Slow Food. “Ed è stato grazie a loro – spiega Daniela Virgona, produttrice di Capperi a Salina – che i nostri capperi sono diventati sempre più riconosciuti nel mondo. Tanto che la nostra produzione viene venduta ancora prima di essere raccolta. E spesso dobbiamo dire di no ai clienti che chiedono i nostri prodotti”. Le cose sembrano andare bene, ma in realtà non è così. Perché la produzione di capperi a Salina si è notevolmente ridotta nel corso degli ultimi anni, scendendo da mille quintali ai 300 o poco più attuali: “La colpa? Le malattie delle piante – dice Daniela Virgona – e il clima che non è più lo stesso”. E infatti se prima i capperi si raccoglievano da fine maggio a fine settembre, adesso, già a fine luglio non se ne trovano più.
E quest’anno la produzione non si prospetta da grandi numeri: “Dovrei chiudere intorno ai 20 quintali”, dice Daniela. A un chilometro e mezzo di distanza da Salina c’è Lipari, la più grande delle Eolie. Qui i produttori covavano da tempo l’idea della Dop. Tanto che, dopo aver presentato i documenti, sono quasi alla ratifica finale. Ma la loro azione non è stata ben vista dai produttori di Salina. “Non abbiamo capito per quale motivo hanno richiesto la Dop Eolie per un prodotto che non è per nulla uguale al nostro”, spiega Daniela. Già, perché la lite, partirebbe proprio dalla cultivar del cappero: “I capperi si producono un po’ ovunque nelle Eolie – dice Daniela – non lo scopriamo oggi. Ma i capperi sono diversi da isola ad isola. E poi i numeri… L’intera produzione delle altre sei isole è un decimo, forse meno, di quella che facciamo a Salina”.
“E’ vero che l’isola di Salina ha la maggiore produzione di capperi – dice Nino Caravaglio, produttore di vini e capperi a Lipari – ma la produzione di capperi ha sempre interessato l’intero arcipelago eoliano”. Sarebbero 60 i produttori che hanno aderito a questo nuovo consorzio della Dop Cappero delle Eolie che dovrà nascere non appena il Ministero darà l’ok. Ma sui numeri ci sono dei dubbi: “Sono sessanta? Mi piacerebbe contarli uno per uno – dice Maurizia De Lorenzo, altra produttrice di capperi a Salina – Mi sembra che qui si stia facendo come la Malvasia, diventata improvvisamente delle Lipari, quando invece sappiamo tutti che era un prodotto esclusivo di Salina”. Vecchi rancori dunque, anche sul vino che si trascinano in quella che pare destinata a diventare una “guerra del cappero” vera e propria. Piccolo salto indietro nel tempo. Siamo alla fine degli anni ’80. I produttori di capperi di Salina decidono che è il momento di fare una Igp. Tutti i documenti vengono presentati e la Regione Siciliana approva insieme al Ministero. Ma al momento di ratificare, due aziende si tirano indietro: non hanno 500 mila lire per completare la documentazione. “Se non fosse stato per questo intoppo – racconta Daniela – oggi staremmo parlando di altre cose”. “Mi ricordo – aggiunge Maurizia – che quando finiva la scuola aiutavo i miei genitori a raccogliere i capperi. Lo raccontavo alle mie amiche di Lipari e loro nemmeno sapevano cosa erano i capperi.
E’ un po’ per dirvi che da noi i capperi sono sempre esistiti. Nelle altre isole ci sono, ma non sono mai stati valorizzati come abbiamo fatto noi. Mi pare che adesso qualcuno voglia fare il furbo”. I produttori di Salina, però, non si sono fermati. E la pratica dell’Igp continua ad andare avanti: “Siamo stati forse un po’ ingenui a non pensarci prima e a non unirci con un unico obiettivo- dice Maurizia – Ma non ci fermiamo. Ci faremo la nostra Igp. E se non dovesse andare a buon fine continueremo con Slow Food”.
Insomma guerra aperta e dichiarata. Perché se la Dop, come pare, dovesse essere approvata, poi ci sarà un disciplinare di produzione da rispettare: “Al momento molte aziende di Lipari comprano capperi da noi – dice Daniela – Poi dovremmo capire come continuare questo rapporto commerciale”. “Il territorio è unico, l’arcipelago è unico, la cultura della coltivazione dei capperi è la stessa identica nelle sette isole – dice Nino Caravaglio – La Dop è una sicurezza per tutti, per valorizzare un territorio e offrire un prodotto a prezzi maggiori. Ne beneficerebbero tutti”. Poi la precisazione: “In etichetta – spiega Caravaglio – ogni produttore può aggiungere l’isola di produzione”. Insomma si leggerebbe Cappero Dop delle Eolie – Salina, o Lipari, o Filicudi… “I produttori di Salina si oppongono perché hanno la maggior parte della produzione e hanno già un marchio – spiega Caravaglio – Forse i numeri gli danno ragione, ma questo non toglie che il terreno sia vocato anche in altre isole. Stiamo pensando ad una denominazione più restrittiva che dia tante garanzie in termini di sicurezza. Io comunque, oggi, non me la sento di dire che i capperi di Alicudi siano meno buoni di quelli di Salina”. La richiesta dei capperi di Salina è cresciuta in maniera esponeniale. Tanto che negli ultimi tre anni il prezzo è passato da 5 euro al chilo a quasi dieci.
“Qui a Salina ho visto persone fare tanti sacrifici per ottenere quello che abbiamo oggi – dice Daniela – Non possiamo snaturare il loro lavoro inserendoci nella Dop Eolie. I capperi di Lipari non li conosce nessuno? E’ un problema loro. Ma nessuno li ha costretti a fare questa Dop”. “Io e la mia famiglia viviamo grazie ai capperi – dice Maurizia – Ne produco 30 quintali. Cosa farò se nascerà la nuova Dop? Spero ci sia la nostra Igp.
E sarò curiosa di andare ad ammirare le nuove coltivazioni di capperi a Lipari”.
(Fonte http://cronachedigusto.it/archiviodal-05042011/330-il-caso/22532-2017-07-03-18-02-59.html)