Archeologia Subacquea Isole Eolie
Archeologia subacquea isole eolie.
Per la loro posizione, le isole Eolie hanno rappresentato un importante luogo strategico per la civilta’mediterranea antica e per secoli sono state tappa di importanti rotte marittime verso l’Italia.
Le coste impervie, la mancanza di approdi sicuri, i venti spesso impetuosi dell’arcipelago sono le cause che hanno reso questi mari, in tutte le epoche, teatro di disastrosi naufragi, i fondali hanno cosi restituito reperti fondamentali per ricostruire le abitudini di vita delle genti che popolavano queste le isole Eolie nell’antichita’.
Relitto di Pignataro
In una vetrina del Museo Archeologico di Lipari sono custoditi gli importanti materiali provenienti da una nave affondata nelle acque poco profonde di Pignataro (Lipari), che costituisce il piu’ antico relitto mai rivenuto nelle Eolie: delle analisi comparative hanno datato i reperti a 1700 anni prima di Cristo.
In quella che si potrebbe definire come una grande e rozza canoa, affondata in circostanze sicuramente non drammatiche a qualche metro dalla riva, probabilmente per lo spostamento del suo carico, venivano trasportate semplici suppelletti di ceramica, come piattini, coppe, tazze, molti dei quali provenienti da luoghi molto lontani da queste isole.
Il carico si pensa che scivolo’in acqua rimanendo quasi intatto ed è restato in loco per ben trentasette secoli, mille anni prima che fossero scritte l’Illiade e l’Odissea, le acque meravigliose di queste isole erano solcate da imbarcazioni che trasportavano beni commerciali e di scambio, favorendo le relazioni tra gli uomini e contribuendo al lento reciproco arricchimento delle loro civilta’.
Relitto di punta Capistello
I fondali di queste acque spesso ripidi e profondi, costituiscono un ostacolo, spesso insormontabile per l’opera di recupero attuata dagli archeologi subacquei.
Nel caso di del relitto di punta Capistello a Lipari che giaceva a 70 m di profondita’, un’impresa privata che opera nel campo delle ricerche petrolifere ha messo a disposizione degli studiosi una nave specializzata nel recupero sottomarino, un mini sommergibile e una speciale campana pressurizzata che salvaguarda i sub dal pericolo di embolie, i risultati di questa difficile campagna di scavo e le decine di anfore e vasellame che è stato possibile recuperare sono oggi esposti al Museo Archeologico di Lipari, mentre il fasciame dell’imbarcazione tenuto insieme da un ingegnoso sistema di perni e caviglie di legno e chiodi di rame non è stato mai recuperato.
Capo Graziano
Gravi danni sono stati causati al patrimonio esistente, dalle razzie perpetrate dai “tombaroli” subacquei dilettanti, un caso tra i piu emblematci è quello di Capo Graziano, un vero e proprio cimitero sottomarino di navi di diverse epoche, dove per salvare il salvabile oggi ne è vietata l’immersione senza una speciale autorizzazione della Sovrintendenza.
Il primo relitto che è stato scavato è stato denominato Roghi, dal nome di un pioniere della ricerca archeologica subaquea che lo ha visitato e minuziosamente descritto, nell’imbarcazione che giaceva a 35 m di profondita’, sono state ritrovate monete romane ( assi), che circolavano fra il 196 e il 173 a.C. e tre differenti partite di merci: vino contenuto in centinaia di anfore, un carico di ceramiche di lusso e vernice nera, tantissimi i piccoli reperti, fra cui un meraviglioso bicchiere dotato di una base particolarmente larga perche’ non si rovinasse quando la nave beccheggiava.
A 53 m di profondita’è stato rivenuto il relitto Filicudi F, una nave del III secolo a:C. spezzatasi in due tronconi, poi vi è anche un relitto B, sepolto nella sabbia con il suo carico di anfore greco-italiche; due millenni piu’ tardi si adagio’nello stesso punto il relitto di una nave da guerra spagnola di cui sono stati recuperati i tre cannoni che si osservano oggi al Museo Archeologico di Lipari.
Relitto di Panarea
Difronte all’isola è stato rinvenuto un altro tesoro archeologico di notevole pregio, un ricchissimo carico di pregiovoli ceramiche greche del V secolo a.C. portato alla luce dall’equipe del dipartimento di archeologia marina dell’universita’ di Oxford.